
Raccontato dall'autore
In concomitanza con l'anniversario che ogni anno si celebra il 27 Gennaio, per commemorare l'Olocausto nazifascista, mi è difficle non cogliere l'occasione per dare il mio piccolo contributo. Già in "Silence please" del 2013, ho cercato di dire la mia a tal proposito, si tratta solo deI contributo di un pittore, dato con pennelli e colori, ma non per questo meno impegnativo e riconoscente. Il mio intento è quello di portare alla luce-memoria, tematiche e nefandezze, magari più velate e meno atroci rispetto a quelle inflitte in passato, ma non per questo da sottovalutare o dimenticare. Forse, le nefandezze odierne, ci appaiono in confronto, più soft, edulcorate da una ipocrisia che le confeziona e poi le spaccia sotto il nome di aperture mentali o libertà di pensiero o diritti civili per tutti, ma che nella realtà, nella sostanza, trafiggono con eguale forza dirompente, l'animo e la psiche di tante persone, considerate più deboli e sempre diverse da altre. Non basta elargire uno zuccherino per dire che ci si è presi cura veramente, con testa e con cuore, delle diversità e dei disagi altrui. Nessuno può considerarsi normale, in un mondo creato nella diversità di ogni specie vivente, bello e unico proprio per questo. La natura ha creato e prospera nelle diversità, nel caos, mentre l'uomo ha preteso di imporre "ordine" nella natura, incitato dallo zampino di un Dio, che dico, di svariati Dei. Mettere ordine vuol dire, visto dall'uomo, erigere muri e fili spinati, vuol dire mettere etichette e affibiare colori a ogni sorta di diversità. La natura, più intelligentemente dell'uomo e di Dio, non innalza muri, non erige fili spinati, non etichetta e non distribuisce triangoli colorati a nessuno. La natura accoglie tutto e tutti, e dentro il caos della natura, ogni uomo si sente protetto e libero di agire naturalmente, secondo un codice solo apparentemente caotico, ma ben organizzato e protetto da regole che natura e uomo, da soli, potrebbero darsi per convivere pacificamente, senza rompersi troppo le scatole a vicenda. La catena rappresenta le nefandezze umane e divine, i vincoli e le costrizioni a cui parte dell'umanità è spesso costretta ad vivere come soggetto passivo. I colori dell'arcobaleno, sono uno dei simboli più belli e significativi per rappresentare la totale libertà naturale e umana, ancor'oggi negata. Inseriti nel titolo, lo vogliono in qualche modo riscattare e idealmente nobilitare, declinare anche, secondo nuovi e più attuali codici di valori umani e civili, davvero uguali per tutti. La soluzione grafica del filo spinato, anche in questo caso, prende una strada a sè, e diventa simbolicamente complice degli orrori l'una, e simpaticamente solo ornamentale l'altra.