Certo che quando la gente si mette d'impegno e, pur non volendo, ti fa del male, non chiede scusa, e ti fa pure passare dalla parte del torto, allora si capisce quanto la beata ignoranza poco si sposa con la santa pazienza. Se a fare questo sono i tuoi parenti più stretti o i cosiddetti amici, a maggior ragione gli zebedei si agitano e si rigirano. La mia infanzia l'ho passata tutta tra collegi, colonie al mare e montagna, e in campagna dai nonni materni. La gioventù a Verona, tra il Liceo Artistico frequentato con tanta dedizione allo studio e alla pittura, contestazioni di piazza e occupazioni scolastiche, e poi i viaggi a Parigi. Fin qui niente di strano, ero un giovane impegnato sia a scuola che in politica, per quanto in età liceale si possa capirne di politica, però una cosa me la ricordo molto bene, volevo da grande cambiare il mondo, e ovviamente, come si dice da giovani, renderlo migliore. Poi, pronto per fare il salto di qualità nel mondo accademico, con velleità di studiare e fare cinema trasferendomi nella Ville lumiére, la vita si è messa di traverso e mi ha tristemente ricondotto, non con i piedi per terra, bensì sotto terra. Da quel momento, dai 19 fino ai 25 anni e ben oltre, la risalita da quei profondi gironi infernali è stata dura, faticosa, per niente facile e ancora in parte da superare completamente. Forse i gironi dantesteschi li avevo oltrepassati tutti ed ero andato ben oltre. Passano gli anni, cerco di farmi aiutare ad età ormai avanzata da un bravo terapeuta, in quanto mi sentivo sempre inadeguato a tutto, cerco di impegnarmi per risalire la china imparando a chiudere i miei vasi con giusti e solidi tappi, faccio e disfo, non senza commettere ancora degli errori, ahimè, errare humanum est, e pian piano mi risollevo lasciandomi questo orribile passato alle spalle. Un passato tra l'altro di pochi anni, non di una vita. Peccato che fosse il periodo migliore per un ragazzo, per crescere bene, soprattutto se si hanno ambizioni non comuni e tanta voglia di fare. Ma da orfano, solo e abbandonato, e in balia di una vita fatta più di strada che di scuola, sono caduto dentro un baratro dal quale pensavo di non potermi più risollevare. Nessun problema, si fa per dire. Si fanno incubi di notte, si cresce con tante paure, ci si chiude in se stessi, si diventa aggressivi, prevenuti su tutto e si alzano barriere impenetrabili che rendono la comunicazione col prossimo molto difficile. Con questi presupposti, volendo riscattare la mia vita, la strada si fa tutta in salita, si lotta contro tutto e tutti, anche quando non serve, anche quando sarebbe il caso di lasciarsi andare e vivere pacificamente rilassati. Premesso questo lato oscuro di una vita ormai lontana, vicini sono invece i fantasmi che sono sempre in agguato e pronti ad uscire allo scoperto quando i vasi che si erano o si credevano chiusi, per ignoranza altrui, o forse solo per superficialità, il risultato non cambia, improvvisamente si riaprono. Ecco che ritornano i guai. Si rivive il passato, si ritorna a fare brutti sogni, e il cammino del recupero fatto finora, si arresta. Mi chiedo se era così necessario far emergere questo lato oscuro della mia vita, e non trovo risposte sensate. Ogni riferimento qui riportato è tristemente fresco, dolorosamente recente, e giustifica questo nuovo lavoro. Mi hanno dato dell'egoista, dell'opportunista, quando davanti ad un bivio, sull'orlo di un baratro, ho prefirito di scegliere me stesso. Di pensare a me stesso e di proteggermi da tutto e da tutti, per rimanere vivo, concentrandomi esclusivamente su me stesso. Non ricordo mi sia mai stato riconosciuto di aver dato tutto me stesso per qualcuno, di essermi impegnato per fare del bene a qualcuno, di fare continuamente sforzi per capire il prossimo, perché, per quanto abbia poturo fare di negativo, ho fatto anche questo. Ma ad un certo punto la pazienza finisce, e arriva il momento di chiudere porte e finestre, di ritornare a chiudere i vasi scoperchiati, di pensare solo a me stesso, e di mandare tutti, o quasi, a fare in culo. Stavo facendo un percorso artistico in discesa, qui mi ritrovo ad affrontare una salita. Stavo assaporando il fare dentro un mondo di spiritualità e poesia, mentre qui mi ritrovo a combattere contro vecchi fantasmi. Grazie, cari parenti e amici, grazie di avermene fatto partecipe. Ma io combatterò ancora a lungo, dimostrandovi che ogni vostro tentaivo indelicato e sciocco, ancorché solo ingenuo, anche questa volta risulterà vano, ed io riuscirò a rialzarmi, pronto per dare io a voi una lezione di vita. Grazie a voi io ho fatto un'altro lavoro, grazie a voi io ho continuato a produrre, mentre voi state alla finestra a rosicare per i vostri fallimenti. Grazie all'arte che mi ha sempre sostenuto, e mi ha aiutato a fare emergere il mio lato migliore e più nobile. Grazie all'arte, che mi ha sempre sostenuto dandomi la forza di lottare, di reagire e di emergere. Grazie all'arte io ho sempre trovato la forza e il sostegno che mi sono sempre mancati per la mancanza di una famiglia mia. A tutti voi, parenti e amici inutili, invidiosi ed ipocriti, io continuerò a rivolgere, per mezzo della mia arte, il mio instancabile e liberatorio vaffanculo. 30 Settembre, dopo alcune settimane, finalmente sono arrivate le scuse, che hanno sistemato, in parte, le cose, fermo restando il mio monito agli aventuali futuri avventati detrattori dell'altrui, della mia, riconquistata serenità. Questo lavoro, come si capisce, nasce da alcuni sogni, meglio sarebbe chiamarli incubi, fatti nell'immediato dei fatti qui genericamente raccontati, e che hanno fatto riemergere situazioni che speravo aver sepplettito definitivamente. L'incubo più forte che ho fatto mi ha proiettato dentro una piccola e angusta stanza, una prigione, senza via d'uscita, una gabbia, in cui tanti cani aggressivi e malvagi mi tenevano bloccate le gambe e le braccia tra le fauci, impedendomi di scappare. Io ero vivo, vedevo e sentivo tutto quel frastuono infernale in cui mi trovavo, e come sempre accade in queste circostanze, impossibilitato a farmi sentire, a emettere grida o altri suoni in cerca d'aiuto. A questo punto ti svegli, con il cuore che batte a mille, sudato, impaurito, e ti alzi dal letto per capire che stavi solo facendo un brutto sogno. Ricordo che parecchi anni fa, l'animale che sognavo e che mi procurava non pochi disturbi e ansia nell'addormentarmi, era il toro. Un toro sempre nero, dal muso gigantesco, quasi mitologico, e sempre con un occhio che mi guardava fisso e che sapeva sempre dov'ero o dove mi nascondevo. Il fatto è che poi questo toro, qualunque fosse il posto in cui mi nascondevo, lui mi trovava sempre, mi rincorreva anche dentro casa, sempre quella dei nonni, finchè esausto, o spiccavo il volo e mi salvavo, oppure lui mi prendeva e a quel punto ero spacciato, e mi svegliavo di soprassalto. Ma ripeto, per fortuna, dopo tanti anni questi incubi erano terminati, e i sogni erano da tempo tornati ad essere perfino piacevoli, o quantomeno, non più solo distruttivi e punitivi. Ecco in sintesi come nasce questo lavoro, che malgrado quanto qui raccontato, sono riuscito in ogni caso a tenere a bada, riconciliando e riconducendo il tutto, dentro una ragionata e addomesticata, perfino equilibrata, composizione. Per fortuna la maturità acquisita in quest'ultimo periodo sta prevalendo indiscutibilmente sull'istinto aggressivo e forse ancora acerbo, della fase precedente. Essere aggressivi va bene, a volte serve, si è più spontanei, anche se si ragiona meno, e il ragionare meno, per quanto mi riguarda, è cosa che mi fa stare meno bene, e mi rappresenta davvero poco. A volte però le apparenze ingannano. Ragionare molto invece, per contro, richiede maggiore fatica e ti pone sempre fino all'ultimo, domande che aspettano risposte. Risposte che devi saper dare, perché in questo caso, accettando questa sfida, se le risposte vengono a mancare, questo si nota, e si nota molto, rischiando di essere sbugiardato perfino da te stesso. E' un pò come voler alzare l'asticella del salto in alto, la alzi, ma poi, se la alzi, devi saperla superare, altrimenti ti senti sconfitto, ti senti un perdente. A conclusione di tutto, sia per quanto riguarda l'incipit di questo lavoro, sia per quanto riguarda il sobbuglio emotivo subito, la mia reazione prende indubbiamente spunto anche dalla voglia di portare a conoscenza di chi mi sta leggendo, l'insegnamento liberatorio di un libro che proprio quest'estate ho letto, dal titolo "Vaffanculo", scritto da Parkin John C. e Gaia Pollini per .......... Il potere liberatorio, quello del vaffanculo, per imparare, quando serve, a sorridere alla vita dopo aver espulso fuori le tossine del caso. The Times «Chiunque può – e dovrebbe – utilizzare il metodo di John Parkin e Gaia Pollini.» The Observer «Il messaggio di questo libro è irresistibile e una volta che comincerete ad applicarne gli insegnamenti sarà difficile farne a meno. Vi riconcilierà col mondo.» Marie Claire «Un grande libro di auto-aiuto per chi ha poco tempo e non sopporta le chiacchiere pseudo-psicologiche.» Preoccupati meno e vivi alla grande! Quando cadiamo vittime di ansie, paure e preoccupazioni, la vita può diventare una prigione. Il primo passo da compiere, allora, è riconoscerla. Il secondo è immaginare cosa c'è fuori della prigione. Ma vaffanculo... Se tutti imparassero a usare nel modo giusto, liberatorio e non aggressivo, questa espressione, probabilmente ci sarebbero meno medici, meno psicologi e, perché no?, il mondo sarebbe migliore: meno stress, meno tensioni, più leggerezza e più armonia. Quante volte ci siamo fasciati inutilmente la testa, ci siamo persi in un bicchier d'acqua, abbiamo ingigantito problemi in realtà banali, siamo stati assaliti da ansie o timori ingiustificati? Tante, troppe volte. Invece dovremmo imparare a dare il giusto peso alle cose. Lo sanno bene coloro che hanno vissuto esperienze drammatiche: prendersela per le piccole «rogne» di tutti i giorni non ha senso, ci avvelena solo la vita. È questo il messaggio liberatorio, che John Parkin e Gaia Pollini vogliono trasmetterci con il loro libro, che, ricco di suggerimenti, esempi pratici e tecniche da provare subito, ci guiderà su una strada nuova, per imparare ad apprezzare la vita in ogni momento per ciò che è, non per come vorremmo che fosse, e nemmeno per come gli altri ci vorrebbero cucire addosso per mascherare le loro frustrazioni e le loro inadeguatezze. Io ho già intrapreso questa strada, la sto già percorrendo, ma sono solo all'inizio e di strada da fare ne ho ancora molta. Che Confucio mi aiuti.